Ospitiamo volentieri su Coffee Break l'appello pubblicato mercoledì 11 gennaio 2012 sul Corriene della Sera, in risposta alle recenti "manovre di liberalizzazione" che, nella nostra opinione, non porteranno veri benefici a nessuno, se non ai poteri forti e alle grandi distribuzioni, ma che nel frattempo dipingono i professionisti come caste odiose da contrastare!
Siamo Architetti che vivono e lavorano in questo Paese.
L'Architettura rappresenta da sempre una delle più alte espressioni della cultura e della civiltà di un popolo. È la traduzione in spazi, superfici, paesaggi dell'anima profonda di un Paese. La storia millenaria delle nostre città e dei nostri borghi testimonia quanto sia importante la qualità e la bellezza dei luoghi in cui viviamo.
Per questo il diritto all'Architettura è un diritto di tutti.E di ognuno.
Deve essere salvaguardato. Come bene comune e non come espressione di una parte, di un gruppo o, peggio, di una corporazione.
Gli architetti lavorano a garanzia dei cittadini.
Eppure proprio in Italia l'Architettura è relegata ad un ruolo marginale nelle dinamiche sociali, culturali, politiche ed economiche del Paese.
Il progetto di Architettura non è il disbrigo di una pratica burocratica o una pura consulenza tecnica: è un'altra cosa. È il pensiero che sottende alla costruzione delle cose, è la pianificazione graduale del volto che assume il mondo in cui viviamo.
Far soccombere il “progetto” alle logiche della peggiore politica, della peggiore amministrazione, della convenienza economica di breve respiro e delle clientele, è molto rischioso. Per tutti.
Lo dimostrano, ogni giorno, le tragedie legate allo sfruttamento irresponsabile del territorio. Lo confermano gli scempi della mancata pianificazione urbanistica.
Lo raccontano i paesaggi devastati e lo squallore di tante periferie delle nostre città.
Noi vogliamo lavorare perché nel nostro paese si torni a “fare architettura”.Luoghi, in cui l'abitare sia sicuro.
Perché tanti professionisti possano insieme ricominciare a immaginare e realizzare città, piazze, giardini, uffici, scuole, mercati.
E case in cui sia piacevole vivere.
È su questo che chiediamo alla politica di confrontarsi con noi. A garanzia di tutti i cittadini.
Noi non chiediamo difese d'ufficio.
Non ci interessano i privilegi di categoria. Il “protezionismo” professionale.
Crediamo sia venuto il momento di riscrivere le regole. Di individuare il senso profondo della professione di Architetto, i meccanismi di accesso alla professione, i codici del lavoro.
Alla politica chiediamo risposte precise.
A garanzia di tutti i cittadini.
Perché non ci interessa mantenere lo status quo.
Non difendiamo gli “ordini professionali” così come sono.
Sappiamo che per molti si è trattato di costruire sacche di privilegio e difese di interessi corporativi. Mentre, per altri, è stato complesso mediare tra l'obbligo di rappresentare interessi di categoria e la necessità di farsi interprete di ragioni collettive.
Non ci vogliamo sottrarre alle regole, alle verifiche, alla prova delle competenze, al rispetto di codici e deontologia. Sappiamo invece che chi ha il compito di progettare le trasformazioni fisiche del
territorio è depositario di una forte responsabilità etica nei
confronti della società.
Chiediamo che l'Architetto torni ad essere riconosciuto dalla società come colui che immagina, progetta, interpreta, il mondo che è e che sarà.
Che sia posto al centro del dibattito sulla costruzione del vivere e dell'abitare. Che abbia un ruolo e per questo gli vengano necessariamente attribuiti oneri e responsabilità ma anche centralità.
È su questo che chiediamo alla politica un confronto. Non rinviabile.
A garanzia di tutti i cittadini
Il Consiglio dell'Ordine degli Architetti P.P.C. di Roma e provincia
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